Oggi è il Blue Monday. Altra "invenzione" americana, stavolta non ci siamo impegnati nemmeno in una traduzione decente. Non sapevo cosa fosse fino a stamattina, quando il mio capo, entrando in ufficio, mentre si toglieva lo sciarpone d'ordinanza, ha dato il triste annuncio.
Qui si trovano notizie su quella che sembra essere un'altra operazione pubblicitaria stile Halloween (che io cordialmente detesto, sapevatelo), tutta incentrata su un melting pot (per restare in tema di anglismi) di psicologia e calcoli matematici. In effetti la giornata non è stata un granché, devo confessarlo. Sono stata funestata da un incomprensibile nervosismo che ho attribuito al mal tempo e al freddo; doveva venire la rappresentante Tupperware ed ha avuto un problema; ho provato "antiche" e fastidiose sensazioni che un po' mi hanno irritata. E qui mi fermo perché mi sembra sufficiente.
Adesso va un po' meglio. Strano, perché è sera e di solito mi assale una sorta di tristezza cosmica della quale ho imparato a non chiedermi l'origine. Mi sono fatta una tisana, mi sono mangiata dei gustosi supplì (la mia cena) e sto "covando" l'intenzione di iniziare a meditare (mi sono attrezzata con tutti i libri utili).
Stamattina mi sono goduta un meraviglioso, unico, irripetibile silenzio. In un oratorio. Ci vado tutti i giorni a cercare il Padreterno e un po' di serenità. Stamattina non c'era proprio nessuno. Le suore che hanno cura delle celebrazioni erano al caldo nella sacrestia a fare le preghiere mattutine. Il silenzio era come un materasso di gomma in cui affondare, interrotto piacevolmente soltanto dal gorgoglio della cascatella del presepe. Ho provato un intenso senso di pace. E' questo Dio? Non lo so. Lo cerco da una vita. Spesso lo perdo, a volte lo ritrovo per poi perderlo di nuovo.
Sono una persona un po' disordinata, confusionaria, spesso incostante. Ma non è questo il "problema". E' l'inquietudine, in realtà. Un senso di non completezza, di avere qualcosa, di trovare qualcosa, di niente che mi soddisfi mai completamente. I momenti di beatitudine, come li chiamo io, sono sempre brevi, se pure intensi. Come se mi sfuggissero ridendo per farsi inseguire, non curandosi dei giorni e giorni di condanna alla semioscurità dell'anima.
Vorrei essere tanto equilibrata, saggia, consapevole, coerente e cose del genere. Ma io sono anche questa: sono una sorta di vulcano costantemente in ebollizione. Sono incoerente, a volte. Ed anche poco equilibrata, confusa, smarrita.
Forse troverò Dio nel momento in cui inizierò realmente ad amare me stessa. E' questa la risposta?
Adesso sono in pace. La giornata è quasi terminata. Ho mal di schiena e voglia di distendermi. Domani è martedì. Mi aspetta il consueto appuntamento con il "meccanico" (è così che chiamo lo psicologo), che cercherà di convincermi a gettarmi allegramente nella massa, a socializzare, malgrado non ne abbia, al momento, la benché minima voglia. Detesto i compiti in classe e socializzare, al momento, non è il mio principale problema. Gliel'ho detto. Ma pare che lui sappia quale sia il mio bene meglio di me. Curioso: tutti sembrano sapere meglio di me cosa mi farebbe bene e cosa mi farebbe male. Bisogna chiarire la faccenda, prima che si convincano seriamente di avere ragione.
Qui si trovano notizie su quella che sembra essere un'altra operazione pubblicitaria stile Halloween (che io cordialmente detesto, sapevatelo), tutta incentrata su un melting pot (per restare in tema di anglismi) di psicologia e calcoli matematici. In effetti la giornata non è stata un granché, devo confessarlo. Sono stata funestata da un incomprensibile nervosismo che ho attribuito al mal tempo e al freddo; doveva venire la rappresentante Tupperware ed ha avuto un problema; ho provato "antiche" e fastidiose sensazioni che un po' mi hanno irritata. E qui mi fermo perché mi sembra sufficiente.
Adesso va un po' meglio. Strano, perché è sera e di solito mi assale una sorta di tristezza cosmica della quale ho imparato a non chiedermi l'origine. Mi sono fatta una tisana, mi sono mangiata dei gustosi supplì (la mia cena) e sto "covando" l'intenzione di iniziare a meditare (mi sono attrezzata con tutti i libri utili).
Stamattina mi sono goduta un meraviglioso, unico, irripetibile silenzio. In un oratorio. Ci vado tutti i giorni a cercare il Padreterno e un po' di serenità. Stamattina non c'era proprio nessuno. Le suore che hanno cura delle celebrazioni erano al caldo nella sacrestia a fare le preghiere mattutine. Il silenzio era come un materasso di gomma in cui affondare, interrotto piacevolmente soltanto dal gorgoglio della cascatella del presepe. Ho provato un intenso senso di pace. E' questo Dio? Non lo so. Lo cerco da una vita. Spesso lo perdo, a volte lo ritrovo per poi perderlo di nuovo.
Sono una persona un po' disordinata, confusionaria, spesso incostante. Ma non è questo il "problema". E' l'inquietudine, in realtà. Un senso di non completezza, di avere qualcosa, di trovare qualcosa, di niente che mi soddisfi mai completamente. I momenti di beatitudine, come li chiamo io, sono sempre brevi, se pure intensi. Come se mi sfuggissero ridendo per farsi inseguire, non curandosi dei giorni e giorni di condanna alla semioscurità dell'anima.
Vorrei essere tanto equilibrata, saggia, consapevole, coerente e cose del genere. Ma io sono anche questa: sono una sorta di vulcano costantemente in ebollizione. Sono incoerente, a volte. Ed anche poco equilibrata, confusa, smarrita.
Forse troverò Dio nel momento in cui inizierò realmente ad amare me stessa. E' questa la risposta?
Adesso sono in pace. La giornata è quasi terminata. Ho mal di schiena e voglia di distendermi. Domani è martedì. Mi aspetta il consueto appuntamento con il "meccanico" (è così che chiamo lo psicologo), che cercherà di convincermi a gettarmi allegramente nella massa, a socializzare, malgrado non ne abbia, al momento, la benché minima voglia. Detesto i compiti in classe e socializzare, al momento, non è il mio principale problema. Gliel'ho detto. Ma pare che lui sappia quale sia il mio bene meglio di me. Curioso: tutti sembrano sapere meglio di me cosa mi farebbe bene e cosa mi farebbe male. Bisogna chiarire la faccenda, prima che si convincano seriamente di avere ragione.