sabato 24 marzo 2018

Uomini impotenti

Credo che ci sia un termine per tutto, non solo per la vita. Credo che ci siano tanti "termini", che bisogna accettare, metabolizzare, come va di moda dire oggi. C'è un momento in cui, inevitabilmente, si dice "basta". A tante cose. Pure alle persone.
Questo è un periodo di tanti "basta". A leggere i giornali, ad ascoltare i telegiornali, ci si sente soffocati, smarriti, sfiancati: tanti, troppi "femminicidi". Termine orribile: io parlo di omicidi di donne, di mogli, di madri, di sorelle, di figlie. Omicidi. Uomini che uccidono le donne, come se fosse il titolo di qualche giallo avvolto nelle nebbie di un lontano nord, freddo e ghiacciato, privo di passioni se non quella che porta al gesto estremo.
L'impressione "a freddo" (perché di quella "a caldo" è meglio non parlarne...) è che ci siano uomini, non tutti per carità, che sembrano totalmente incapaci di gestire sia le relazioni personali che i sentimenti. Incapaci. Forse per una non corretta educazione, quella che prevede che il "maschio" eserciti questa sua appartenenza sessuale attraverso prepotenza, arroganza, sopraffazione e violenza. Eppure ad educare questi esemplari di maschi sono proprio, spesso, le donne. Qualcuno vede, in questi "uomini", una sorta di predisposizione emotiva, psicologica, genetica alla violenza. In sostanza l'origine del loro agire si troverebbe, secondo costoro, in qualche genoma non propriamente per la quale.
Con tutta onestà, ritengo che ci siano persone "votate" al male, alla violenza e che attraverso questa esprimano una sostanziale incapacità a rapportarsi con gli altri e ad affrontare tutto ciò che ritengono essere "contro" di loro. Un pò come i bambini ai quali si toglie il giocattolo preferito e che pestano i piedi giungendo fino a gesti eclatanti, come lanciare oggetti, per esempio. Ma un bambino non è un uomo ed esprime in maniera inconsapevole quella selvaggia natura che è comune a tutti noi, in fondo. Ed è lì, su questa natura selvaggia, primitiva, istintuale, che bisognerebbe andare ad agire, a educare, a correggere. Cosa che, purtroppo, spesso, troppo spesso ultimamente, non accade.
C'è una generazione di madri e di padri che non meriterebbero di essere madri e padri. Distratti, egoisti, deboli, impreparati, inesistenti. Primitivi anch'essi come i figli che allevano. Ovviamente non tutti i pargoli che nascono da queste nefaste unioni finiscono per diventare quei mostri impotenti che vediamo sbattuti sui giornali o nei video, molti prendono - per fortuna - strade diverse, decidono di "emanciparsi" veramente. Vogliono strapparsi a certe situazioni di estremo, terribile degrado; riescono a riscattarsi e a "purificarsi" da quella che molti vogliono essere una maledizione genetica.
Restano gli altri, gli impotenti, i deboli, i frustrati, gli ottusi. Quelli che non sanno gestire le emozioni e le pulsioni. Quelli che non dovrebbero mai sposarsi e mettere al mondo figli. Lo so, sono dura, ma ne ho fin sopra i capelli di vite tranciate di netto, scompaginate, ferite a morte o, nella "migliore" delle ipotesi, a vita. Ho la nausea di questi uomini incapaci, inetti, violenti e di donne che non vengono sufficientemente ascoltate, protette, amate.
Questi crimini possono essere prevenuti e tante vite femminili ma anche tante vite ai loro primi passi, possono essere salvate. Occorre solamente applicare severamente le leggi. Occorre che certi uomini vengano allontanati dalle famiglie e che le donne vittime di questi uomini siano protette. Se un uomo perseguita la sua compagna o moglie che sia, deve ricevere pene durissime sin dai suoi primi tentativi. Non gli può essere data un'amichevole pacca sulla spalla da altri uomini, quelli che la legge dovrebbero farla rispettare, quelli che dovrebbero stare dalla parte delle vittime, con la raccomandazione di "non farlo mai più". No. Perché quella non è una pena, è un'autorizzazione a reiterare il reato.
Ci sono uomini, in parallelo a questi disgraziati, che sarebbero ugualmente da perseguire: sono quelli che dovrebbero ascoltare e non ascoltano; dovrebbero punire e non puniscono; dovrebbero credere e non credono. E, purtroppo, accanto a costoro, ci sono pure donne nemiche di altre donne: giudici, madri, sorelle, amiche... E questa è la realtà più dolorosa e difficile da accettare.
Le storie finiscono. Altre ne possono cominciare. Quando la vita finisce, però, non c'è più alcuna speranza di riscatto, di gioia, di nuove possibilità.

giovedì 22 marzo 2018

La primavera tarda ad arrivare

Le cose importanti sono altre. Avevo iniziato questo post sacramentando contro i "centri nevralgici" che guidano il carrozzone che è oramai diventato l'ente in cui lavoro. Poi mi sono fermata. Qualcosa non andava, in quello che stavo scrivendo. Non avevo voglia di scriverlo, ecco. Le parole suonavano stonate, persino l'esposizione era frammentaria ed incoerente. Quel post non dovevo scriverlo, questo è quanto. Perchè le cose importanti sono altre. Qui, sul posto di lavoro come nella vita, siamo solo di passaggio.
Ultimamente sto riflettendo molto sulle cose della vita. Sto riflettendo sui miei comportamenti, sui miei progetti... In realtà sto cercando di ricostruirli, questi progetti. Mi sembra di avere a che fare con un puzzle minuzioso. Finora non ho fatto altro che dare importanza a situazioni e persone che importanza ne hanno ma in misura ridotta. Ho esagerato ed esasperato. E' tempo che riporti tutto su un piano più equilibrato e ragionevole.
Il lavoro mi serve per vivere e per togliermi qualche sfizio. Non è la mia vita, è solo una parte di essa, anche perché non è quello che avrei desiderato fare. E' qualcosa di decoroso che svolgo decorosamente, tutto qui. Le persone che mi circondano, con le quali mi trovo ad interagire per motivi di lavoro, non le avrei mai scelte, se mi fosse stata data la possibilità di farlo. Ma questa è, del resto, anche una scuola di vita che mi aiuta a interfacciarmi con persone diverse ogni volta. Soprattutto tutto questo ha un'importanza relativa.
E' ciò che sono e che voglio essere ad avere importanza. Per troppo tempo mi sono persa di vista inseguendo fole, miti, "ideali" (spesso fuori luogo) di liberté-egalité-fraternité del tutto fuori contesto e fuori dalla realtà. Contestualizzare, questa è la parola d'ordine. Gli ideali sono una cosa, la realtà è un'altra. A volte finiscono miracolosamente per coincidere, ma il più delle volte divergono drammaticamente.
Nel mondo, così come è fatto, così come noi umani l'abbiamo "ridotto", c'è poco spazio per la libertà, per il rispetto, per l'uguaglianza, per i più puri sentimenti fraterni. Sia che le notizie che leggiamo quotidianamente sui giornali siano pilotate sia che non lo siano. Non dico che gli ideali non esistono. Ci sono, eccome se ci sono. Penso solamente che non posso "sprecare" la mia vita dietro l'impossibile. Se mai la devo impiegare proficuamente dietro il possibile.