martedì 19 marzo 2019

Rifiuto il pacco e vado avanti

Si cambia. Di nuovo.
Oramai avere a che fare con le persone sembra una sorta di roulette russa, alla quale mi sono stancata di partecipare. Da quest'ultima "avventura", devo dire, traggo solo guadagni: mi libero di una persona noiosa, borbottona, acida e poco empatica. Ora dovrò imparare a gestire i rapporti di lavoro, visto che costei - ahimé! - lavora nel mio stesso servizio.
Ma è qualcosa che ho già visto, qualche anno fa. Per me è difficile fare l'abitudine alla non-armonia. Gestire i conflitti nel campo lavorativo è molto molto delicato, specie in presenza di persone con spiccata tendenza alla permalosità nonché all'infantilismo. Confesso la mia incapacità. Alzo le mani e, soprattutto, chiudo certe porte incautamente aperte. L'amicizia in campo lavorativo è merce rara. Gli amici si scelgono, i colleghi - come i parenti, del resto - no.
Al momento va così. Senza parlarci, con i saluti d'ordinanza, con lei che fa la "splendida" appena mi vede e sta in compagnia di qualche sgallettata par suo. A me fa sorridere. Mi ricorda molto certi adolescenti dispettosi e infantili. Probabilmente lo è anche lei, dispettosa e infantile. I segni c'erano tutti, mi assumo la responsabilità di averli sottovalutati.
Del resto sono ben cosciente che quella specie di tregua che intrattenevamo non poteva durare a lungo. Siamo diversissime sotto molti aspetti. Lei è perennemente scontenta, si lamenta di ogni cosa: si lamenta di avere troppo lavoro ma si lamenta quando non ce n'è molto; si lamenta che il capo interloquisca più con me che con lei; si lamenta perché non può fare gli straordinari e aggiunge che, del resto, preferisce uscir prima piuttosto che rimanere; si lamenta perché non le danno la linea di attività, che - signora mia - son soldi!; si lamenta perché non ha nessuno con cui dividere l'affitto (e chi se l'accolla una lagna del genere?). Credo proprio che ho - se pure maldestramente - scansato un fosso.
Mi tergo metaforicamente il sudore e vado avanti. E' un banco di prova anche per i miei limiti, per le mie paure, per la me stessa che sto costruendo. E' tempo di mollare certi atteggiamenti fin troppo buonisti e condiscendenti. Con certa gente bisogna essere determinati e inflessibili. Certa gente non deve entrare più nella mia vita.

lunedì 11 marzo 2019

Tempo di primavera

Si sente già la primavera nell'aria, in queste giornate. Fa caldo. Alcuni sostengono sia un caldo "anomalo", fuori stagione. Sugli alberi si sono aperte le prime gemme, i turisti girano in tenuta estiva, si comincia a parlare di siccità. Pare che il Po sia in secca. Una situazione molto simile a quella dell'estate 2008, dicono gli esperti.
La primavera mi fa venire in mente le potature, il rinnovamento, il cambiamento. Sento forte il desiderio di rinnovare, dentro di me. Il dubbio è: lasciar fare alla vita oppure prendere in mano la situazione ed "operare" le oramai necessarie cesure? Due "scuole di pensiero" differenti che portano ad altre domande.
Sento che devo prendere il largo. Ci sono situazioni che non si possono cambiare, malgrado lo si voglia fortemente. Bisogna che io accetti che le cose stanno così. Bisogna che io lasci fare alla vita, che è più saggia e più oculata di me, senza dubbio. Riconosco che in alcune situazioni - soprattutto quelle amicali - ho voluto fare di testa mia malgrado avvertissi un certo qual disagio.
Penso che ciascuno di noi sappia, intuisca, "senta" quando le situazioni non vanno, quando le persone non sono adatte a noi. Poi c'è l'ostinazione di perseguire una cosa malgrado le condizioni avverse, ovviamente. Per spirito di contraddizione, spesso. Credo che, comunque sia, ognuno avverta le vibrazioni positive o negative di situazioni e persone.
Ho deciso di dar retta all'istinto che, devo riconoscerlo, mi aveva sempre un pò messo in guardia, attraverso il disagio, nei confronti di una situazione sulla quale sto meditando in questi primi giorni di marzo. Ho deciso anche di mollare le redini e lasciar fare alla vita. Spesso le situazioni finiscono per risolversi da sole: per "morte" naturale o per dissolvimento dei paventati ostacoli. E' così anche nell'amicizia, in fondo. Devo e voglio guardare altrove. Cercare altrove. E' tempo che lo faccia. E' tempo che non mi faccia più guidare dal bisogno, ma dal piacere.
Tempo fa scrivevo da qualche parte - quaderno o chissà dove - che avevo "bisogno" di amici, di amicizie, di un'amica intima come quelle che si hanno quando si è meno che adolescenti e con le quali ci si confida tutto, persino i pensieri più riposti. Ecco, credo che quel "bisogno" mi abbia guidato per strade sbagliate, mi abbia indotto in errore. Il bisogno induce a trascurare molte cose pur di essere soddisfatto. Porta a trascurare la reciprocità, la delicatezza, la sensibilità, l'intimità. Si passa su tutto questo, ma per me tutto questo è necessario. Non posso farne a meno.
Così adesso faccio i conti con questa situazione che voglio cambiare. Tiro una riga, dolorosamente (in fondo ci si "affeziona" e anche se si tratta di un sentimento nato dal bisogno, è pur sempre un legame). Stamattina mi veniva in mente il lavoro del potatore con la sega che taglia i rami secchi di un albero. In realtà non è propriamente così. Si tratta, semplicemente, di comprendere cosa mi fa bene e cosa, invece, mi fa male malgrado mi appaia "appetibile". Quello che a me fa male ad altri, invece, può far bene. Senza disprezzare o dileggiare chi, più o meno volontariamente, mi ha fatto male, decido semplicemente di star bene. Perchè mi voglio bene.