Questa pandemia sta facendo emergere il meglio ed il peggio degli umani (se taluni possono essere ancora definiti tali, beninteso). Siamo diventati più cattivi, più chiusi, più individualisti. Alla solidarietà encomiabile di giovani ed associazioni, corrisponde sempre più spesso una sorta di follia collettiva che porta a prevaricare il prossimo in nome del benessere personale.
Con un termine edulcorato lo si può definire "egoismo", ma essere gentili e buoni e moderati non è più possibile, oramai. Bisogna guardare le cose in faccia come sono e chiamarle con il loro nome.
I canti sui balconi sono terminati. La grande solidarietà è stata cacciata - almeno sui giornali e sui siti di notizie - all'ultimo posto. Ora le cronache sono zeppe di notizie di aggressioni, di violenza, di baby gang, di furti e compagnia cantante. Un diffuso senso di insicurezza e paura pervade noi tutti. Lo si respira, quasi. E già ci si guardava con diffidenza per via di questo maledetto virus, figuriamoci adesso!
Per quel che riguarda il lavoro, almeno la realtà che vivo in prima persona, le cose sono nettamente peggiorate. Innanzitutto i rapporti umani sono sempre più difficili per non dire quasi inesistenti. Non ci si fida più gli uni degli altri. E' vero, è una situazione pregressa all'epidemia, che affonda le sue radici in una pessima gestione degli uffici pubblici.
Si, la situazione è pregressa, nell'ente dove lavoro. La pandemia non ha fatto altro che aggravare la situazione. Le vessazioni si sono acuite e moltiplicate. Senza che nessuno muova un dito, senza che nessuno intervenga e questo fa sentire i pochi onesti che ancora resistono in uno stato di sofferenza spesso intollerabile.
La pandemia è diventata la scusa dietro la quale nascondere le più bieche nefandezze. Il guaio è che la pandemia non è una scusa, ma una realtà terribile, che da un anno ci fa "compagnia", che si è portata via quasi una generazione, che ci sta tenendo lontani gli uni dagli altri. Che ci siano soggetti che profittano di questa situazione per i loro porci comodi, mi fa inorridire. Inorridire.
Oramai non mi fido più di nessuno e questo fa male anche a me. Trascorro molto tempo in silenzio. Non ho voglia di sentire nessuno e parlare, dialogare, interloquire mi riesce sempre più difficile. Mi chiedo spesso come saremo una volta che sarà passato questo uragano. Come sarà la società che, oramai, siamo abituati a vedere passare da una zona rossa ad una arancione e viceversa? Come saremo noi tutti?
Onestamente non riesco ad immaginare nemmeno un futuro prossimo. E' tutto buio, impreciso, incerto, labile. Mi contento di vivere alla giornata. Un giorno va bene, il seguente non va per niente per il verso giusto: un'alternanza che sto imparando ad accettare. Del resto che altro potrei fare?
Ma questo non è vivere. E' cercare di cavarsela, di galleggiare.
Dentro di me avverto il ringhio sordo della rabbia e dell'insoddisfazione. E' come se, dentro di me, ci fosse una belva tenuta per troppo tempo in cattività. Una belva che ha dovuto sopportare, subire, fare buon viso a cattivo gioco e che non ne può più. Confesso che a volte ho paura. Che conseguenze avrà tutto questo sul mio futuro, ammesso che futuro - prossimo o remoto che sia - ci sarà?