domenica 24 marzo 2024

Tempo di silenzio

Deviantart - Amicizia

Sto operando una sorta di epurazione, nella mia vita. Non ho più voglia di stare con chi mi fa sentire a disagio. Questo disagio, lo riconosco, in parte deriva da sensazioni, emozioni non risolte. Ed è proprio il mio intento di risolverle che mi fa allontanare da certe persone.
Un detto afferma che non è che la gente cambia, ma, piuttosto, che si rivela.  Ed è vero. C'è molta ipocrisia, in giro. Del resto viviamo in un'epoca che fonda tutto sull'immagine che si da' agli altri.
Al momento sono sola, nel senso che le amicizie sono, oramai, evaporate. Ho bisogno di silenzio e di cercarmi, trovarmi, capire dove voglio andare, qual è il mio sentiero. Alle volte la "vecchia me" si lascia prendere dalla malinconia per non poter condividere i miei pensieri e le mie sensazioni con un'amica o un amico. Poi passa. E' bene che stia sola per un po'. E' bene che non torni a perdermi nuovamente, ignorando gli stimoli a cercare qualcosa di più e di diverso dall'ipocrisia, dalla noia, dall'esteriorità.
Differentemente dal passato, questa solitudine non mi pesa più di tanto. Sono, in fondo, in compagnia delle mie sensazioni e delle mie emozioni che, spesso, non riesco a comunicare perché non riesco a trovare le parole per farlo.
Mi sto riavvicinando alla fede. In realtà non me ne sono mai allontanata. Credo che la fede faccia profondamente parte di quel che sono. Permei le mie cellule ed il mio spirito. Inutile che io lo neghi. E' difficile credere malgrado il silenzio e Dio è anche silenzio. Io devo accettare il silenzio di questi giorni, di questo periodo così particolare e così difficile. Devo resistere alla "smania" di accendere la tivvù, di ravanare sul cellulare, di aprire diecimila libri. Devo esercitare la pazienza, perché il silenzio, prima o poi, mi parlerà.
Alle persone che sono entrate e che stanno uscendo dalla mia vita auguro ogni bene. Spero che possano essere felici e serene, che possano realizzare i loro sogni, che godano sempre di buona salute. Non ho recriminazioni da muovere nei loro confronti: quella "me" non c'è più. Vorrò sempre loro bene, in qualche modo, ma non apparteniamo alla stessa "onda". Siamo un mare diverso, siamo cieli differenti, siamo voli non uguali.



domenica 17 marzo 2024

Il tritacarne lavoro...

Foto da deviantart - città surreale

A volte mi sembra di vivere in uno di quei film di fantascienza di quelli inquietanti, tristi, angoscianti, che lasciano ben poche speranze di cambiamento in meglio. Mi sembra di essere aliena a tutto quello che mi circonda e nel quale, mio malgrado, sono immersa: città, ritmi, gente.
Succede spesso quando, la mattina presto, me ne sto seduta in macchina vicino al lavoro. Arrivo sempre presto, non avendo l'accesso (sono tra i paria!) al garage devo anticipare i tempi. Succede d'inverno, quando il giorno stenta a scoprire il cielo e le luci degli uffici, intorno, sembrano spettrali, irreali, quanto il silenzio ed il buio che mi avvolge.
Non c'è quasi mai nessuno, quando arrivo nel parcheggio. Sistemo il mio macinino e mi lascio avvolgere, cullare quasi, dall'assenza irreale di rumori, di voci. 
Vado avanti, ultimamente, molto sulle forze. Il "problema" principale è proprio il lavoro. Il mondo del lavoro è cambiato drammaticamente, oserei dire. Siamo "unità lavoro" senza quasi diritti e solo con doveri. "Unità lavoro" da spremere fino allo sfinimento, all'alienazione mentale.
Questo bellissimo e disgraziato Paese somiglia sempre più alle fredde architetture che mi circondano nelle mattine invernali. Ostile, non accogliente, indifferente. Qui si riesce ad avere un pò di serenità solo se si è raccomandati da qualcuno politicamente importante, oppure se si è sufficientemente leccaculo, se ci si prostra ad ogni richiesta e chissenefrega del prossimo, oppure si è disposti a tutto, salvo poi pentirsi come coccodrilli che hanno mangiato troppo.
Le architetture della periferia sud di Roma sono lo scenario ideale di questa nuova era, di questa umanità che è disumanità. Quei palazzi tutti uguali, quei lampioni dalla luce fioca, quelle strade semibuie, quelle aree semiabbandonate, quei marciapiedi devastati dalle radici dei pini e dalle piante promiscue mai estirpate. Quelle aree preda dell'incuria, che il buio della mattina occulta... 
Me ne sto lì, tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, pioggia o freddo che ci sia, ad osservare, a cercare una ragione a quei terribili cambiamenti di questa società spietata, fredda, non empatica. Non ci sono ragioni se non l'avidità ad ampio spettro. Non c'è rimedio alcuno, almeno non ne vedo i prodromi. Chi ha un'anima, una sensibilità, chi è empatico fatica a vivere alla luce fredda di questo mondo freddo.
Io fatico a vivere, ultimamente. Fatico a lavorare, ad interagire con gli altri. Mi sto rendendo sempre più conto che mi sto ritirando in me stessa, che mi sto "compiacendo" del silenzio che mi avvolge, che non mi sembra di aver niente da dire a nessuno. Mi sembra di non essere più capace di far niente. Mi sento come una bambina che si è persa, troppo inesperta per cercare una soluzione, una via d'uscita. Mi sento nuda, al freddo, sola, anche se sola non sono.
Ho capito che mi sono "sdoppiata". C'è una me stessa che ama l'archeologia, l'arte, la buona tavola, le risate di gusto, la vita all'aria aperta, i viaggi. E c'è una me stessa che, invece, è sempre più simile ad un'automa: non pensa, non ama niente, prova disgusto di tutto. 
Credo di dover prendere, quanto prima, una decisione che investa l'intera mia vita. La decisione di salvarmi, di non ammalarmi. La decisione di mandare tutto e tutti al diavolo e di ricominciare senza curarmi del tempo passato o dell'età o di quello che so o non so. Ci sto pensando da molto tempo. Non voglio che la mia anima muoia.