domenica 21 novembre 2021

Tempi senza futuro

E' da un pò che non scrivo qualcosa. Gli eventi personali si sono accavallati, sovrapposti, dipanati in una sorta di trama di film drammatico.
Mio cognato è morto. Un tumore al fegato, non curabile, non operabile. Un'agonia vissuta quasi in diretta innanzitutto da mia sorella, poi da me, che lo sentivo al cellulare quasi ogni giorno. Sentivo la sua voce farsi più affannata e sofferente. Sentivo le sue parole, ancora improntate alla speranza di uscirne fuori o, forse, a posteriori, volte a dare a me e a chi ci parlava la speranza che sarebbe guarito, che sarebbe andato finalmente in pensione e si sarebbe goduto la vita. 
La morte di mio cognato è stata ed è tuttora un trauma difficile da superare. Soprattutto per mia sorella, naturalmente, che ha seguito in diretta il progressivo frantumarsi delle speranze di guarigioni, il progressivo deteriorarsi della salute di suo marito. Ma è stato un trauma anche per me, che in mio cognato ho trovato il fratello che avrei voluto avere.
Era una persona allegra e leggera, mio cognato. Sorrideva e rideva spesso, era di compagnia, andava d'accordo con quasi tutti ed era benvoluto (che strano utilizzare questo termine) da tutti. Era stato praticamente "adottato" dalla mia famiglia, poiché la sua non era di quelle che possono definirsi famiglie amorevoli ed unite. Una famiglia disfunzionale, l'ho chiamata io, con una madre interessata solo ai soldi ed un fratello praticamente inesistente e legato alla madre in modo simbiotico quasi.
Ora mio cognato, mio fratello, non c'è più. Mia sorella è distrutta. In lei si alternano il dolore, la rabbia, lo sconcerto, la tristezza, la solitudine. Mi sento impotente. Cerco di aiutarla, ma sono consapevole che non posso farlo più di tanto. Non posso sollevarla dal suo dolore, è un'impresa titanica. E sono piombata in qualcosa che somiglia alla depressione anch'io. Sto riprendendo le gocce di calmante (tutte di origine naturale, ovviamente) per riappropriarmi di quella quiete che tanto mi manca.
Si sono sovrapposte troppe cose, ultimamente: la pandemia, il nefasto trasferimento di lavoro, la morte di mio cognato... Troppo spesso sento le lacrime a fior di ciglia e non riesco a piangere. Mi chiedo se c'è una fine a questo tunnel oscuro e quando arriverà. I giorni mi sembrano tutti uguali, monotoni, quasi inutili. Faccio una fatica tremenda a cercare una motivazione per andare avanti, a cercare qualcosa di bello in tutto quello che mi circonda. 
Sono stanca. E' come se fossi caduta a terra e faticassi a rialzarmi. Perché è come se non mi volessi rialzare, come se volessi semplicemente essere lasciata lì, a terra. 
A volte mi assale la paura, lo confesso. Paura di non farcela, di andare sempre più giù, di finire in chissà quale girone infernale che mi risucchi l'anima ed anche la vita. E non è giusto. Non voglio che sia così. Voglio vivere. Voglio godere delle bellezza di questa vita, dei colori, dei luoghi a me cari, del silenzio, del sole, del cielo... E' una resistenza disperata, con le unghie e con i denti. 
Ho paura, un sentimento complesso, sfaccettato, che comprende tante altre sensazioni, emozioni, pensieri, timori. Paura di qualcosa che non so cosa sia, che non vedo ma che avverto solamente a livello emotivo, psicologico, di sensazione. Ed è peggio, penso, aver paura di qualcosa che non si può toccare.
Ce la farò? Non lo so. Ragiono giorno per giorno, vivo giorno per giorno, non riesco a fare più previsioni, non ha senso. Non ha più senso. Un giorno ce la faccio, il giorno seguente mi sembra di annegare. Navigo a vista. Ancora non mi sono adattata alla leggerezza, all'imponderabile, alla lievità. Ancora mi sembra di avere catene che mi tirano in basso.
Mi è rimasta solo la fede...