martedì 30 aprile 2019

Rinascite

Dopo una giornata, quella di ieri, in cui un'imprevista e stizzosa pioggerella ci ha tormentati fino a sera, oggi il cielo pare tornato sereno. Unica nota un pò stonata il freddo che, pungente, corre lungo le strade di Roma intirizzendoci tutti. E' una primavera che non vuole sbocciare, questa.
Ho bisogno di un pò di riposo. La mattina il sonno mi accompagna durante il mio tragitto verso l'ufficio. Sui mezzi pubblici fatico a tenere gli occhi aperti e spesso mi capita di chiuderli per brevi attimi che mi sembrano un'eternità. Attimi brevi ma con l'intensità di un sonno vero, profondo, senza sogni, senza suoni. Ne incontro molti in queste condizioni, la mattina.
Si fatica a fare due chiacchiere, anche perché il rumore del tram o del bus spesso sovrasta il tono della voce. Si fa fatica persino a pensare mentre il tram o il bus buca l'oscurità, si ferma cigolando, raccoglie altri silenziosi mattinieri facendo entrare folate improvvise di aria fredda. La mattina presto è completamente diversa dal vociare confuso e spesso fastidioso delle altre ore della giornata. E' un momento quieto in cui cullarsi ancora un pò prima di essere fagocitati dal ritmo incalzante del resto della giornata.
Ho sempre amato la mattina presto, anche in questi frangenti, quando la stanchezza sembra voler prendere il sopravvento. Mi piace la promessa che contiene ogni mattina, la possibilità di ricominciare, rinascere, riprovare ed anche la sorpresa.
Ultimamente evito di pensare al domani e cerco, piuttosto, di concentrarmi sull'immediato, sul momento presente. Trovo che pensare al domani sia spesso una speculazione azzardata. Ci sarà un domani? Non voglio dire che non bisogna coltivare la speranza, ma che bisogna vivere oggi e non rimandare. Per cui anche le più piccole sensazioni sono importanti, anche le sfumature. Anche per questo ho deciso di prendere a cuor leggero certe "delusioni".
In fondo le delusioni nascono da aspettative disattese. Ti aspetti che una persona sia in un modo e poi ti si rivela in un altro. Ti aspetti che ti ami e poi scopri che ti sei ingannat* e ti vuole solo bene. Penso che quando ci si accorge che le persone non sono in armonia con quel che noi siamo, bisogna solo prendere un pò le distanze. Non si può essere amici di tutti e pure nell'amicizia esistono sfumature.
Per molto tempo ho riversato nelle amicizie e nelle conoscenze il mio vissuto passato, il mio bisogno di affetto, di essere al centro dei pensieri di chi mi era vicino, che fosse amic* o compagno di vita. Ed ho interpretato ogni allontanamento come un tradimento o, peggio ancora, come un rifiuto. Ho lavorato su questo e ci sto ancora lavorando. Adesso non vedo più le cose in questo modo. Quando succede - e recentemente è successo ancora - dico a me stessa "capita!". Il che non vuol dire che non ci rimango male, ma che queste cose fanno parte della vita e che non mi sento più "in colpa", come succedeva prima, ad allontanarmi pure io, quando è necessario.
Mettere in pratica, piano piano, queste "regole di vita" mi sta regalando quella leggerezza alla quale aspiro da tanto tempo. L'animo è leggero e questo mi fa stare bene. Non nutro risentimento nei confronti di nessuno, sono troppo impegnata a voler bene a me stessa.

lunedì 29 aprile 2019

Andare via dalla pazza folla

In questo periodo ho rincorso problemi comuni ed anche banali: la rottura del frigorifero, un'automobile che comincia a dare segni di cedimento, la casa che ha bisogno di essere svuotata. Tutte cose che hanno assoribito più energie del dovuto. Talvolta mi faccio prendere troppo dalle preoccupazioni. Il più delle volte cerco di star calma e di ripetermi che tutto troverà un suo equilibrio ed una sua soluzione, basta non perdere la testa.
Al di là di questo ci sono i soliti problemi d'ufficio, ulteriormente gravati dal voltafaccia di una collega che, però, mi ha fatto meno male del previsto. Anzi, mi sono stupita di aver reagito in modo molto "english", come dico io, molto quieto. Forse, mi dico, perché sono contenta che certe "anime nere", alla fine, si palesino per quel che sono e tolgano il disturbo. Mi sono liberata di un peso.
La vita scorre tranquilla, tra incursioni di cronaca e dilemmi personali. Forte e sempre presente è la voglia di andarmene da questa città, i cui ritmi isterici mi stanno sfiancando. Forse per l'età o forse per le nuove consapevolezze maturate nel corso di questi ultimi anni. Ho necessità di ritmi più quieti, più naturali, meno "pompati". Ritrovare me stessa sta significando anche maturare insofferenza per un vissuto che non mi appartiene, non appartiene alle mie corde.
Trovo i ritmi "moderni" eccessivi, spietati, violenti. Tutto questo lo osservo soprattutto nella cronaca, in quella che leggo sul giornale o ascolto dalla televisione ma anche in quella che vivo tutti i giorni. Nelle piccole e grandi prepotenze e sgarberie, nella "guerra tra i poveri" che si consuma sui bus, per le strade, nei negozi, ovunque ci sia un consesso umano. Persino alle casse di un supermercato.
Beninteso, la violenza è parte di ciò che tutti noi siamo. Ma quel che ci distingue, o dovrebbe distinguerci, dal mondo animale è la capacità di mediare questa violenza, la capacità di tradurla in qualcosa di diverso dal puro istinto aggressivo. Purtroppo mi pare che si stia perdendo il senso dell'evoluzione e si stia assistendo ad un'involuzione pericolosissima. La violenza viene esercitata per un nonnulla. Si brandiscono armi, bastoni o si utilizzano le mani anche senza un senso, senza una provocazione, senza un perché. E questo è sconvolgente. Tutto questo mi fa orrore.
Sono consapevole di non poter fare molto di più di quello che faccio. Tante cose non dipendono da me, ma da una sorta di accordo che coinvolge tante persone, da una sorta di volontà collettiva che difficilmente riesce a coagularsi e che se riesce a coagularsi, lo fa per un lasso di tempo troppo breve, presa da un impeto emotivo che si esaurisce quasi subito.
Per questo non ho voglia di esaurirmi, di combattere battaglie donchisciottesche nel vano tentativo di portare la "pace nel mondo". Quelli erano ideali - bellissimi, per carità! - che ho coltivato negli anni dell'adolescenza e della gioventù. Poi è subentrato il realismo dell'età adulta, il confronto con quel che vivevo sulla mia pelle, che sperimentavo nel continuo vivere la realtà dello studio, del lavoro, delle amicizie.